Da dove nasce l’obbligo per la ristorazione di indicare con un asterisco quando, all’interno dei menu, un piatto o uno o più ingredienti utilizzati per prepararlo siano surgelati o congelati?
L’obbligo non è previsto da una legge dello Stato, ma è il frutto di un orientamento della giurisprudenza italiana, consolidatosi a partire dalla fine del secolo scorso, attraverso numerose sentenze della Corte di Cassazione fondate sulle seguenti argomentazioni:
- Il consumatore/cliente di un ristorante, un bar, una tavola calda, ecc. si aspetta che quanto gli viene servito sia preparato con materie prime/ingredienti freschi;
- Se chi somministra un alimento ha fatto ricorso, per prepararlo, a materie prime/ingredienti congelati o surgelati, ha l’obbligo di segnalarlo al cliente apponendo nel menu di ristorazione un asterisco a fianco dei piatti che li contengono e pubblicando una nota, in genere a fine menu, che specifichi l’utilizzo di tali prodotti;
- Chi non adempie a tale obbligo, o lo fa in maniera non abbastanza chiara, incorre nel reato di frode in commercio (art. 515 del Codice Penale), in quanto il cliente sarebbe ingannato rispetto alle proprie aspettative.
Una precisazione: le argomentazioni della Corte di Cassazione non hanno nulla a che fare con la sicurezza igienico-sanitaria dell’alimento, perché l’eventuale omissione di un’informazione sulla sua surgelazione non rappresenta una potenziale compromissione della salute.
Dopo quarant’anni i presupposti sono ancora validi?
Due i presupposti alla base del ragionamento della Corte:
- il consumatore medio si aspetta che le pietanze somministrate in un ristorante vengano da ingredienti esclusivamente freschi;
- un prodotto congelato/surgelato ha caratteristiche non solo diverse, ma inferiori rispetto al corrispondente prodotto fresco.
Sono ancora validi oggi questi presupposti, alla luce dell’evoluzione del settore dei surgelati, delle conoscenze e delle aspettative dei consumatori e, in generale, della società italiana negli ultimi quarant’anni?
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